Incredibile quante volte io abbia ri-iniziato sto post. Esercizi di stile mi fa ‘na pippa. Mi sa che finisco per dire tutt’altro da quello che volevo dire in principio, ma la canzone ce la metto sicuro, perché è quella la molla che m’ha spinto.
Succede che è un periodo strano, ma d’altronde non c’è quasi mai stato un periodo normale… quindi che cacchio di stranezza c’è?! Boh, forse è solo strano in modo diverso da prima. Quindi: ottimo! Non ci si annoia.
Capita io capisca cose (emmenomale), capita ne scopra altre (eddaje) e capita io continui a essere il solito pirla (vabbeh, che novità). Ma capita sempre più spesso io mi senta di dover giustificare azioni o pensieri o scritti. E non so se sia l’età (con il crescere aumentano le responsabilità, ok, ma all’infinito?! Intendo, io credevo che le responsabilità funzionassero come un interruttore: il pupo non le ha, l’adulto se le ritrova. Invece pare siano la manopola del volume, più avanza l’età, più sono assordanti), non so se sia il periodo storico (non credo ci sia una crisi dei valori, credo che, semplicemente, si seguano dei valori egoisticamente individualistici) o, come sempre e come è naturale, una commistione dei due (e magari mille altri fattori che non so contemplare).
Fa ridere, non c’è dubbio, ma non mi piace pensare che la Disney abbia rovinato generazioni di bambini che crescono sperando e poi rimangono delusi dalla realtà; sono più convinto che le favole esistano da sempre e che da sempre tentino di insegnare al mondo cosa andrebbe fatto, cosa sia meglio e come si debba tentare di essere, perché il mondo stesso sia migliore. Ultimamente, invece, si tende a pretendere. E questo mi sta in culissimo.
E una cosa che mi si presenta spesso ed è una piccola costola di questo atteggiamento, è una cosa che sto imparando ad accettare, perché, in fondo, non è totalmente negativa, nel mio seguire la virtus che sta in medio, questo è semplicemente un ricordarti di star nel medio. A volte mostrandotelo.
E c’è un’amica che m’ha riempito di un sacco di cose splendide, m’ha fatto sentire di provare ancora molto… e m’ha rimesso al mio posto, quando mi son lasciato prendere dal tutto. Grazie di rimanermi amica. C’è un diamante che crede io sia ladro e avido e insistente, ma non ha capito che non son tipo da apparenza, che tra un diamante e una canzone, preferisco la seconda. E c’è il continuare a riempirmi di momenti, per sentire tutto quello che posso.
Sabato è stato così.
Dopo che Ani DiFranco m’ha emozionato così, c’è stata questa bambinetta.
S’arriva in un festival, si parcheggia e si scarica, si ride, si mangia. Un furgone a noleggio ci parcheggia vicino. Scendono i soliti musicisti, di quelli che sai che lo sono. Poi scende anche una ragazzina, tedescoide, capello semi.corto. I soliti musicisti, ti ripeti. Poi te ne dimentichi, finché parte il loro sound check. Ti intriga il beatboxer, ma senza vedere chi faccia cosa, pensi che la voce di lei, sia un coro, una di quelle cose che riempiono.
Ma poi partono e sono potenti, divertenti, vivi e vissuti. Bravi, non eccelsissimi, ma sinceri. Ti chiedi come mai lei ti ricordi tanto un paio di amiche che hai conosciuto e ti accorgi che, come spesso si dimentica, non siamo poi così differenti. Tutti, intendo. La realtà sa sorprendere ed è infinitamente varia, ma gli uomini sono poco fantasiosi e ci si mette su binari che, con piccole deviazioni, sono più o meno sempre quelli. E non è un male, è confortevole, da sicurezza, fa piacere. Quelli che deviano troppo li chiamiamo pazzi e li allontaniamo, di solito. Io li amo alquanto perché nel mio stare nel mezzo, mi fanno stare bene, sono confortevoli, danno sicurezza e mi fanno piacere.
E Wallis Bird sta lì nel mezzo, tra quelle che sai come sono e quelle che ti sorprendono. Passa tutto il concerto a ridere, sorridere, correre, farsi prendere, rasentare la spocchia di chi È ARTISTA, ma subito planare in quell’estro che ti fa sembrare una scimmia urlatrice che batte sulle corde della chitarra (l’ha fatto, lo giuro… eheh). E poi pensi che è la solita musica, c’è a chi piace e a chi no, magari due o trent’anni fa ti avrebbe fatto schifo, ma ora sei lì e ti godi il concerto… fanculo. E poi ti stronca.
Giuro, m’ha stroncato.
Dopo tutto quel cacchio di show, si ferma tutto e ti posa questa, come saluto.
E tu non te la togli dalla testa per 3 giorni filati. Tanto che non vedi altra soluzione (soluzione?! A che?! Perché?!) che condividerla e tentare di spiegare cosa sia, quanto grande e preziosa sia, quanto effimera e inutile e quanto tanto altro.
Vabbeh, è lì. Io me la dimenticherò e me la ricorderò e la riscoprirò. L’ho vissuta. Se fa qualcosa anche a te, son contento. Che tanto ci importa solo di noi. E più ci stiamo addosso, meno abbiamo l’uno dell’altro. Importa non lasciarsi vuoti e tenerci (in tutti i sensi).